Giovedì, 21 Novembre 2013 11:30

Mondializzazione, multinazionali e religione nel Sud del Messico

Scritto da  Gerardo

Dall’amico Francesco Gervasi (Universidad Autónoma de Coahuila, Messico), riceviamo le considerazioni che seguono, frutto di una preliminare ricognizione che trae spunto dal fenomeno dell’uso della Coca Cola nei rituali dei Tzotzil in Chiapas.




Il rutto sacro: multinazionali e religione nel Sud del Messico

Qualche giorno fa, dopo le tre ore di lezione della materia “Temi selezionati di mondializzazione”, sono rimasto a chiacchierare qualche minuto con uno dei miei studenti, Leko, che conoscendo il mio interesse e la mia passione per i fenomeni socio-religiosi presenti in Messico, mi chiede: “Prof, ha letto qualcosa riguardo all’uso della Coca Cola nei rituali dei Tzotzil in Chiapas?”. Rispondo di no, ma che mi piacerebbe approfondire l’argomento. Qualche giorno dopo, Leko mi manda il link di un sito nel quale viene trattato il tema e, nel frattempo, mi metto a investigare un po’ anch’io. Di seguito, i risultati di questa breve ricerca.
Secondo dati recenti (http://periodismohumano.com/sociedad/salud/la-coca-colizacion-de-mexico-la-chispa-de-la-obesidad.html), Il Messico rappresenta il paese nel quale, a livello mondiale, si consuma più Coca Cola. A conferma di quanto sopra, basterà ricordare, per esempio, che qua è normale vedere persone bere la prima Coca della giornata già alle 8:30-9:00 di mattina, oppure notare che le famiglie più povere possono fare a meno dell’acqua ma non di una super Coca Cola di tre litri, sempre presente nel loro frigorifero (usanze che ho constatato personalmente).

All’interno del paese, gli stati nei quali la Coca Cola è riuscita a conquistare più facilmente il mercato sono proprio quelli del Sud, tra i quali il Chiapas. In quest’ultimo, secondo l’antropologo Jaime Tomás Page-Pliego (2013), due sono i motivi principali che spiegano il grande successo conseguito dalla bevanda presso la popolazione locale, e cioè: i prezzi mantenuti volutamente più bassi che nel resto del paese e la presenza nel territorio di una delle fabbriche di Coca Cola più grandi di tutta l’America Latina che, chiaramente, facilita l’accesso dei compratori al prodotto. Pertanto, in questi luoghi, sin dalle prime ore della mattina, è possibile vedere uomini, donne e bambini bere il nuovo “oro nero”, e nessuno si scandalizza neanche quando le mamme danno un po’ di Coca Cola ai propri bimbi tramite il biberon. Inoltre, bisogna ricordare che la multinazionale americana è giunta a scrivere gli annunci del prodotto nelle lingue indigene del luogo, dimostrando una grande capacità di adattamento al contesto locale. Qui viene alla mente il concetto di “glocalizzazione” proposto da Roland Robertson. Secondo questo autore, sarebbe meglio sostituire il concetto di “globalizzazione” con quello di “glocalizzazione”, formato dalle parole globalizzazione e localizzazione, perché quest’ultimo rispecchia con maggior forza l’ambivalenza e la problematicità che caratterizzano questo fenomeno, il quale tende ad affermarsi attraverso forme, spesso, tra loro contradditorie. Nell’ambito economico, per esempio, l’ambivalenza e la complessità della “glocalizzazione” si manifestano nelle strategie utilizzate dalle grandi multinazionali per adattare il proprio prodotto standard alle usanze e culture dei contesti locali nei quali si vuole venderlo. In effetti, quest’ultima è la strategia che viene utilizzata dalla Coca Cola nelle città e nei paesini popolati principalmente da indigeni, nel Sud del Messico. San Juan Chamula è un municipio dello stato del Chiapas, popolato dal gruppo indigeno dei Tzotzil, discendenti dei Maya, i quali professano una religione fortemente sincretica, basata su una mescolanza molto interessante di cattolicesimo e antiche religioni maya. Da qualche anno a questa parte, sembra che la Coca Cola sia riuscita a penetrare anche nei rituali religiosi dei Tzotzil, sostituendo una bevanda, chiamata pox, che veniva, e continua a essere utilizzata, per provocare rutti finalizzati a espellere il male dal corpo dei devoti (http://culturastrasatlanticaswcsu2011.wikispaces.com/Kata+Calvey-+El+sincretismo¬+en+M%¬C3%A¬9xico). Inoltre, la Coca Cola viene utilizzata anche come parte dei rituali di guarigione e come sostituto del vino durante le cerimonie cattoliche/sincretiche dedicate alle offerte religiose (Jordan, Laura K., 2008).

Concludendo, credo che il fenomeno sopra brevemente descritto stimoli perlomeno due differenti tipi di considerazioni: dal punto di vista sociale, appare evidente che la “coca-colizzazione” del Messico, e in particolare dello stato del Chiapas, rappresenta un problema serio in un contesto caratterizzato da alti indici di obesità e che, negli ultimi anni, è stato falcidiato da una “epidemia di diabete” (Page Pliego, 2013); dall’altra parte, per ciò che concerne l’approccio esclusivamente socio-religioso, rimane l’interesse di approfondire ulteriormente un fenomeno fortemente complesso, e qui solo accennato, che chiama in gioco le categorie interpretative del bricolage religioso estremo, nel quale, come affermava Luckmann, tendono a mescolarsi non solo visioni del mondo di tipo religioso, ma anche sistemi di valori secolari, a-religiosi o anti-religiosi, giungendo a creare sistemi di significato unici e imprevedibili.

Francesco Gervasi
Universidad Autónoma de Coahuila (Messico)
18 novembre 2013

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